Sembra trascorso un secolo, e forse un po’ di tempo è davvero passato, ma, se qualcosa ha segnato gli anni, la storia e il nostro modo di vivere è stato sicuramente il telefono.
Il primo approccio che ebbi con quell’apparecchio fu nei primi anni sessanta, quando, dopo aver imparato a scandire bene le parole smettendo di gattonare per casa, i miei genitori mi mostrarono uno strano apparecchio nero, con una sfera in cui vi erano inseriti dei numeri e una cornetta ripiegata dalla quale usciva la voce di mia nonna, che tutte le sere mi voleva dare la buonanotte dopo Carosello.
Era il telefono a muro in bachelite, condiviso con la vicina del piano di sotto con un contratto chiamato – duplex – (se parlava lei al telefono, noi dovevamo aspettare che terminasse, per poter a nostra volta ricevere o effettuare chiamate).
Il duplex fu fonte di numerose vicissitudini tra vicini chiacchieroni, dove una telefonata troppo lunga provocava colpi di scopa al pavimento, fino a giungere a grida dalla tromba delle scale.
Ma il progresso portò, dopo qualche anno, la prima trasformazione. Il telefono a muro si trasformò nel classico apparecchio più ridotto e arrotondato da scrivania. Mutò addirittura il colore dando modo alle persone di scegliere, dapprima dal nero al grigio, per aggiungere poi una vasta gamma di colori sgargianti che soltanto i più impavidi e spiritosi decidevano di possedere.
Il telefono fu per me, e tutti quelli della mia generazione, il primo – social – per poter raccontare e tergiversare in chiacchiere, dare e prendere appuntamenti, e (perchè no) per fare i primi scherzi falsificando la voce.
Crescendo arrivò una vasta gamma di modelli – futuristici – con indubbie forme (quella pieghevole, quella a cono, quella a forma di mondo). Ognuno decise quale consacrare come simbolo della propria e primaria libertà adoloscenziale, utilizzando prolunghe lunghissime che andavano dall’ingresso (dove stava il modello base) per arrivare fino alla cameretta, rifugio per tutti della prima intimità personale.
Il telefono era disseminato nelle città in numerose cabine telefoniche con la scritta – Sip – gialla e nera. I gettoni erano sembre presenti nelle tasche e nei portafogli di chiunque, perchè era un modo, pur essendo fuori, di rimanere in contatto con chi restava a casa.
Quando giunsero i primi apparecchi cordless dotati di antenna, sembrò a tutti una vera rivoluzione. La base poteva restare al suo posto e le persone potevano spostarsi di stanza in stanza, e persino sul balcone per poter discutere amabilmente con parenti e amici.
Ma quello era solo l’inizio.
Intorno alla metà degli anni ottanta, fece il suo pomposo ingresso il Cellulare, all’epoca chiamato – palmare -; era il primo segnale di un mondo che stava per cambiare ogni regola e norma della telefonia.
Il sistema – mobile -.
Il costo di ogni apparecchio (pochi) era proibitivo, ma la tentezione di poter avere in tasca un nuovo sistema di comunicazione tentò parecchie persone. Dapprima con il sistema – car phone – un telefono che si poteva utilizzare in auto ma con la possibilità di trasportarlo anche esternamente corredandosi di una batteria grande quanto un borsello e pesante diversi chili. Il palmare fu la rivoluzione, sopratutto quando arrivò l’iniziativa geniale dello 0330. Numero nuovo per i possessori di cellulare che, durante il giorno costava in chiamate cifre esagerate, ma che alla sera dopo le 21, aveva un abbassamento sostanziale dei costi permettendo a chiunque di chiamare, soprattutto per chi aveva parenti in altre regioni. Il costo era addirittura inferiore agli scatti della extraurbana della bolletta.
I contratti nel corso degli anni si modificarono e i cellulari dapprima senza nessuna scheda, cambiarono faccia sia come sistema tecnologico sia come forme e marchi aziendali.
I primi furono grandi con forme e peso da mattoni edili, per poi con l’andare del tempo, giungere all’opposto fino a essere – in – i più piccoli in assoluto. Forse il più famoso fu – il Dattero – della Motorola. Poi, variazioni sul tema, con antenna fissa, antenna estraibile, senza antenna, pieghevole, con sportellino, firmati, con componenti estraibili e microfoni correlati. Un successo commerciale senza precedenti calcolando che il cellulare di molti anni fa aveva come funzioni primarie le telefonante e i messaggi in 160 caratteri. Da qui la moda dell’abbreviazione per non spendere danari superflui con l’ausilio di troppe parole. TVB era un sinonimo per tutti.
Quando si pensò che tutto quel commercio potesse trovare una sosta, ecco arrivare una nuova e sostanziale innovazione. Il cellulare si trasformò in un computer portatile, con tutto ciò che poteva prevedere una ideazione così geniale inserita in un minuscolo aggeggio portatile. Le compagnie telefoniche si moltiplicarono, così come i servizi, i costi, le possibilità di interazione. Arrivarono i giochi, le fotocamere, le applicazioni, le chat, i social e tutto ciò che poteva portare appagamento – in viaggio – fino a far si che, quel piccolo e semplice telefono palmare, diventasse per ognuno di noi un compagno di vita prezioso e irrinunciabile.
Il resto. E’ storia di domani.
Guido Tognetti
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