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La musica per me è importantissima, la musica per me è vita.
Chi non ha frequentato i concerti degli artisti amati credo non possa capire. Ma alla fine tutti noi abbiamo un “nostro concerto” forse perso nel tempo. Forse più vicino. Chissà…
Un tempo andare ad un concerto era avventura, adrenalina pura. Si cominciava presto. All’uscita di scuola. La campanella suonava. Era di sabato alle 12,30.
Una apparente calma nascondeva una emozione. I biglietti nel diario. Rigorosamente comprati alla Orbis di Piazza Esquilino. Facendo sempre qualche ora di fila. Quei biglietti  erano un cimelio da mostrare.
Il sabato veniva mia mamma a prendermi. Prima di salire in macchina un po’ di lupini salatissimi nel cartoccio e via verso casa.
Pranzo veloce, panini nello zaino. E via. Direzione Palaeur (all’epoca si chiamava così), piccola scarpinata dalla metro ai cancelli ancora chiusi. Dietro alla catena che li sigillava un uomo grosso e forzuto che controllava che tutto andasse bene. Era la fase 1. La prima attesa. Quella prima di una corsa senza fiato vicino alle transenne sotto al palco.
Si stava li, si parlava ma tutti in realtà ci studiavamo. Cercavamo di carpire chi potesse correre più veloce e chi sarebbe arrivato prima. La magia del “posto unico“. Tanti posti ma nessuno era numerato.
A Roma si dice:chi prima arriva, meglio alloggia. Verissimo…
Sole o vento, pioggia o nuvole. Nulla ci scalfiva. Intorno alle 17 all’improvviso il lucchetto si apriva. 3-2-1- viaaa. Quello che c’era intorno non esisteva. Il cuore batteva a mille e le gambe erano come gazzelle.
Il parterre e in fondo, a specchio, il palco. Si arriva, ci si sedeva a riposare la stanchezza…
Mi giravo all’improvviso e vedevo dietro di me un mare di gente. Segno che avevo fatto un buon lavoro. Il posto era conquistato. Ora l’attesa del  concerto con un atroce dubbio. Se mi scappa la pipì? Fa niente le vesciche stoiche di quel tempo erano in grado di resistere. Il tempo non passava mai. Quando arrivavano le 21 la stanchezza era tanta. Ma poi passava alle 21.20 perchè si cominciava sempre dopo. Luci, canzoni, emozioni e abbracci con chi neanche conosci. Ma eravamo tutti lì a vivere il nostro sogno. Si tornava a casa sudati, sporchi ma felici.
Oggi i posti sono tutti numerati e quello spirito di avventura forse non c’è più. Oggi l’artista ti canta a un metro se spendi 99 euro. Ma l’emozione e il contorno di allora rimarrà altra cosa rispetto ad oggi .Quello rimarrà per sempre il mio concerto.
Fabio Martini
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