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«Le mie cose sono fuori dal comprensorio. Ma finché avrò forza voglio darmi agli altri e, con la musica, stare dalla parte di chi fatica. La mia doveva essere la piccola vita di un chirurgo, ma alla fine non so fare a meno della musica

Queste le parole di Enzo Jannacci che disegnano un bel ritratto d’artista!

Sono già passati sette anni dalla morte di questo pioniere del rock and roll italiano che, nei suoi cinquant’anni di carriera, ha divertito ed emozionato l’Italia con musica che spaziava tra il cabaret e lo spettacolo.

Capace di narrare la sua Milano insieme all’amico e collega Giorgio Gaber con il quale formò, alla fine degli anni ’50, un sodalizio storico, I Due Corsari e,che, nel 1983, tornò alla ribalta  realizzando anche un mini-album con il nome di Ja-Ga Brothers.

Vincenzo Jannacci, detto Enzo, nasce  a Milano il 3 giugno del 1935.

E’ stato non solo un cantautore, ma anche un cabarettista, un attore e, fatto forse meno noto, un medico cardiologo. Una carriera, la sua, con quasi trenta album all’attivo, alcuni dei quali indimenticabili come Foto Ricordo, Discogreve e Ci Vuole Orecchio.

Enzo Jannacci non ha avuto un’infanzia facile. Però nelle difficoltà imparò. «Il mio lato comico viene dalle fatiche di mio padre. L’altro da mamma che mi diceva sotto le bombe “Enzo, la morte è nella vita”. Mi hanno dato i pilastri morali su cui fondare quello che ho scritto».

Jannacci diventò artista fra il locale milanese Derby, il Jazz e Dario Fo, incidendo perle in lingua meneghina e cogliendo il grande successo con Vengo anch’io, no tu no nel 1968.

Poi la Rai gli censuro’ la canzone Ho visto un re e lui si dedicò alla medicina.

Nel tempo ha fatto anche tantissimo volontariato, specie per gli extracomunitari.Però la musica non gli dava scampo e,dal 1975, iniziò a riemergere.

Come autore per altri e arrangiatore, ha contribuito alla realizzazione dell’album La Rossa di Milva e Mina quasi Jannacci di Mina, oltre che a svariati dischi di Cochi e Renato.

Quella raccontata da Enzo Jannacci era una Milano che oggi si fatica a riconoscere: una Milano romantica, popolata da personaggi stravaganti  e poetici. Ed è proprio la poesia,presente nelle sue canzoni, (Vincenzina e la Fabbrica, El pùrtava i scarp del tennis, Giovanni telegrafista, Ci vuole orecchio, Quelli che, scritta a quattro mani con il grande Beppe Viola) a consegnarlo alla storia……

Paolo Famiglietti

 

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